2023 Pneuma Verbum et ImagoEmpi Divi. Le radici di una intolleranza musicale

Empi Divi. Le radici di una intolleranza musicale

Con Antonello Cresti


Riflessione di Eumeswil

L’uomo di oggi è raramente fautore di forme pertanto spesso di arte! Sente il cosmo come energia, come spazio di conquista e di dominio, ma non riesce più a cogliere le tipologie di energia invisibili che vi dimorano ed emanano la loro influenza sull’uomo.

Aver dipinto angeli, arcangeli, Dio e sapere che esiste un Leviatano un mostro a forma di serpente, di drago che non un uomo, ma solo un Dio ha saputo sottomettere all’inizio della creazione vuol dire avere saputo avvertire forze proveniente dal mondo sovrasensibile.

Per l’antica scienza sacra gli angeli sono messaggeri e vivono in uno dei mondi superiori e così gli arcangeli e vivono in un mondo ancor al di sopra!

La parola è partecipe della creazione artistica! È il conio della forma… Non conoscere la parola vuol dire non poter dar forma alla forma, non potendola prefigurare mentalmente. Dal senza nome si denomina… Dall’indistinto hanno origine i fenomeni… Bisogna sempre stare in guardia il caos ci insegue e talvolta precede!

La parola è universo sonoro, avanza implacabilmente, ininterrottamente, incessabilmente attraverso mondi e tempi. Tinge le mode, dà lustro allo stile, illumina il pensiero, anima il cuore. Il passo diviene lieve e si alza dal suolo.

L’uomo contemporaneo avverte solo un intenso richiamo dal cosmo intricato ed ingarbugliato probabilmente perché ha perso le facoltà sensorie. Di qui è anche il crollo parziale dell’attività/creazione artistica.

“L’artista” di oggi – sperimentatore- avverte macchie critiche fuori e dentro di sè. In molti casi solipsismo allo stato puro. Avverte il proprio horror vacui. Ognuno di noi produce l’immagine riflessa del proprio mondo interiore e se lo concepisce superiore! Ci dice Jünger:

“La potenza affluisce dagli elementi, dal mare, dalla terra, dal cosmo. Al contrario i vecchi tipi perdono non solo autorità, ma anche potenza. Per poter concepire tipi nuovi, lo spirito deve fondere quegli antichi. Egli opera come uno stampatore cui sia assegnato un nuovo testo. Il “divieni” deve essere percorso dal “muori”. A ciò fanno seguito altri nomi, una nuova nomenclatura.

I nuovi tipi non possono essere quelli antichi. Come minimo devono essere nuovamente concepiti, e allora di essi non rimane più che il nome. Abbiamo visto però che non solo sono possibili quantità di tipi, bensì anche di interpretazioni. Ogni nuovo miracolo suscita un nuovo stupore.

L’anonimato corrisponde allo svanimento della forza di porre tipi e delle sue autorità. Da questo punto di vista la prognosi è sfavorevole. Si rischiara se cerchiamo di guardare al mutamento nel suo insieme. Il cosmo è una grande casa, e anche per quanto riguarda la sua economia vale il detto secondo cui nulla vada perduto. Laddove i tipi vanno fuori corso, ciò ha il suo senso.

La mescolanza, così come la fulminia moltiplicazione della popolazione terrestre, non comporta solo pericoli e motivi di inquietudine. Il venir meno delle distinzioni indebollisce i tipi e scioglie le impronte che si sono formate nell corso di processi storici. Mozza le punte o le fa seccare, equipara le piccole sorti con le medie. Con ciò aumenta anche la possibilità di un’eccelenza più grande che il livellamento nasconde.

L’euguagliamento orizzontale favorisce l’acquisizione di un risalto verticale. Che in queste circostanze sussistano dipendenze, come tra i colori complementari, si può concludere già dal fatto che, dopo ogni grande livellamento, immediatamente appare il tiranno. Ciò ha certamente in larga parte una ricaduta nella meccanica politica…”

Se il nostro interesse si muove verso la ricerca spirituale e si lavora in merito non si tarderà a scoprire due tipologia di bipidi terrestre: il primo simile ad un automa che lavora, opera sotto la pressione delle influenze esteriori non rimugina e non rumina.

I desideri del bipede automa sono prodotti da questo automatismo, i pensieri che procedono dai desideri e vive costui immerso in multiple “volontà” contraddittorie prodotte dai desideri e formano molteplici dissidi…

Vi è poi il bipide terrestre “uomo” – sempre più raro – ha un corpo che obbedisce ai desideri o alle emozioni sottomesse all’intelligenza. Le potenze emozionali e desideri obbediscono al pensiero intelligente. Le funzioni del pensiero sono obbedienti alla coscienza e volontà. Pertanto si passa dall’io, all’ego, alla coscienza ed infine alla volontà.

Si costituisce un essere capace di agire e non di essere agito. Chiaramente tra questi due bipedi vi sono infinite sottoclassi… Che creano mondi al loro interno… Nessun livello è raggiunto in forma stabile…

In ogni caso si può trovare conforto nella visione delle opere di Dio: la natura e le opere degli uomini che hanno seguito la voce, la parola di Dio e che nel suo nome hanno tentato di eludere la propria bestialità per conformarsi in volontà all’Assoluto tentando di rendersi affini. Diventando pertanto simpatetici a Lui e dell’intero creato.

in questo modo, l’essere può travalicare il proprio stato e divenire un “fedele di Amore”. Prima va sentita l'”Opera”.

Chi ad esempio si mette in ascolto di una reale “Opera d’arte” può giungere ad avvertire un ordine superiore che agisce nell’opera e su di se’ medesimo. Attraverso tale incantamento ed incantesimo il mondo da immondo (non puro) può diventare “mundo” puro… Una nuova terra…

La vera arte infatti ci mette in connessione con nuovi stati dell’essere e nuove possibilità di mondi possibili qui e oltre…

Tutto questo lungo dire nasce dall’invio di una nuova canzone “Vuoto pneumatico” di Antonello Cresti con il quale è il video di oggi! Il musicologo e saggista denuncia lo stato di decadenza dell’ambiente musicale e internazionale, rivelandone i legami oscuri coi mondi della manipolazione globale. Già autore di numerosi libri sull’argomento, Cresti ha recentemente pubblicato un album, “Le radici di una intolleranza” (Velut Luna), col quale intende dare un contributo alla nascita di una nuova “canzone antisistema”. Antonello Cresti non dimentica la lezione di Franco Battiato e del Monaco Camisasca. In una canzone, come ci dirà nel video che abbiamo il piacere di presentarvi, si rifarà al Il Qoelet o Ecclesiaste, dove tutto passa… Vanità, vanità! È uno dei libri della saggezza contenuto nelle Sacre Scritture.

Il video che vi presentiamo si intitola: “Empi divi”. Assistiamo in molti casi infatti al divismo sfrenato… Non sappiamo neppure più chi abbiamo di fronte! Una ostentazione delle propria immagine, spesso solo un vuoto e fatuo simulacro, che pertanto si decompone nel nulla in breve tempo… Cadendo nell’orpello del vuoto senza tempo! Nel dimenticatoio vivendo solo di presente ma non di Eternità… Il video si pone come una denuncia dell’assenza quasi totale oramai della canzone italiana… Ma a noi vengono in mente due testi per accompagnare il dire del Cresti, nel video, si ascolteranno anche due sue canzoni.

Il primo testo che ci viene a mente è solo del 1926 di un pedagogo americano William Heard Kilpatrick “Educazione per una civiltà in cammino”. Costui venne ad abbeverarsi in Europa attingendo ad una cisterna l’acqua. Si servì di un recipiente con non troppi buchi… Già all’epoca denunciava il cambiamento della società e l’esigenza di una trasformazione della educazione, ma ancor prima mettendo in luce ciò che si esige da una educazione. La scuola diviene, in un mondo privo di religiosità, famiglia, un luogo cruciale per l’educazione del giovane. Abbiamo bisogno di una scuola che riporti al fare esperienza all’interno della scuola! Tipo partendo dal costruire un castello, una fortezza, una casa, una città far vedere le problematicità in cui uno si involve. Di cosa c’è bisogno ad esempio: progettare, scrivere, matematica, disegno, fisica, diritto, arte, scienze delle costruzioni, materie prime, risorse della terra, scuole, botteghe, chiese, palestre, aree verdi, persone con saperi diversificati… attenzione, impegno, collaborazione, equipe. Ripartire dal mondo, dalle reali necessità, bisogni del mondo reale quotidiano. Occorre pertanto una umanità più sensibile e di un essere “che è capace e disposto a pensare e a decidere da se’, a pensare senza pregiudizi, a decidere in modo non egoistico, non ricercando un vantaggio puramente privato. L’unica meta che possiamo accettere è quella che mette in valore la persona. Si avrà necessità di sollecitare i ragazzi a divenire adulti, responsabili delle proprie azioni, un essere capace di apprendere, fare esperienza ed acquisire un senso critico, ma non polemico… La nuova scuola avrà necessità di impiegati ed insegnanti difficili a trovarsi: ben preparati. Abbiamo bisogno di CERVELLI, educazione e carattere, e dobbiamo averli. E per averli un cambiamento di filosofia sembra la nostra unica speranza. Parole come imparare, insegnare, studiare, materie, curricolo, promozione, libri di testo, obbiettivi, norme, con i loro effettivi ed appropriati procedimenti possono aiutare a sbloccare la staticità di un pensiero che li vede troppo obsoleti. Occorre un urgente cambiamento di opinioni che porti a vedere il carattere essenziale della nostra età e la sua imperiosa necessità di migliorare l’educazione, costituisce la migliore speranza di ottenere un aiuto pubblico adeguato. Ma più ancora che il denaro ad attrarre uomini e donne idonee allo scopo, sarà una migliore filosofia che libererà l’educazione dalla sua interna schiavitù e le permetta di operare senza inciampi. L’educazione così liberata e sorretta, può mostrarsi per quello che veramente è, il sostegno strategico e la creatrice di una migliore civiltà. E anche qui, come sempre, un cambiamento nel modo di pensare deve prevedere ed i dicare la via”.

Quello quindi che si pone in evidenza è una assenza di libertà del pensare per essere realmente… è un’assenza di ordine che si avverte periodicamente! Naturalmente ciò che vien scritto è solo uno spunto per una riflessione propria…

“Il ritorno all’ordine” è pure un’interessante ricerca, frutto di un testo, a cura di Elena Pontiggia che così scrive:

“Il Ritorno all’ordine è il movimento artistico più frainteso del ventesimo secolo. La sua stagione fondamentale, che si colloca tra il 1919 e il 1925 pur affondando le radici nei primi Dieci, coinvolge artisti in tutta Europa (da Picasso a Braque, da Derain a Matisse, da Mirò a Dalì, da Schad a Schrimp, da Carrà a de Chirico, da Campigli a Severino, da Martini a Sironi) e soprattutto comprende un così gran numero di capolavori da rendere inspiegabile il lungo ritardo con cui è stata ricostruita la fisionomia. Il suo linguaggio muove infatti da un presupposto comune: il richiamo all’antico e a una nozione classica di spazio e di tempo, forma e disegno, mestiere e soggetto. È l’affinità di ideali espressivi che unisce i suoi protagonisti lo rende una sorta di koinè europea, nitidamente riconoscibile nonostante le diverse declinazioni nazionali e le varie personalità degli artisti.

È un classicismo eretico, dove la centralità dell’uomo vive con la sua perifericità, la sua monumentalità con l’incertezza del suo destino. Come sono esistiti un classicismo cinquecentesco, uno seicentesco e un neoclassicismo, è esistito anche un classicismo novecentesco: incompiuto e frammentario, forse, ma il solo che il ventesimo secolo abbia saputo concepire”.

Sicuramente è assai stimolante introdursi e calarsi nelle “carte di autore”, nei loro pensieri scritti, nel loro forte talvolta pacato, talvolta appassionato, talvolta urgente e tuonante desiderio di riconnettersi al passato che fosse da intendersi come grecità, cristianesimo od entrambi. Così si legge:

“All’originalità si preferisce l’originarietà, l’andare all’origine. “L’originalità nelle questioni artistiche non ha un vero valore” afferma Savino. E ne “Le porte regali. Saggio sull’icona” di Florenskij del 1922 (un testo anomalo, filosofico e mistico, che però promuove una riscoperta della tradizione bizantina riconducibile per molti aspetti al clima di Rappel a l’ordre) lèggiamo: “L’autentico artista non vuole la cosa sua ad ogni costo, ma vuole il bello, l’oggettivamente bello, cioè l’artistica configurazione della verità delle cose e in genere non si cura della questione meschina e vanitosa, se è il primo o il centesimo a parlare della verità”. […] Forme di platonismo erano già presenti, alla fine dell’Ottocento, nel simbolismo di Peladan, ed erano contenute nei saggi come i “Grandi iniziati” (1895) di Schure’, che ricostruiva esotericamente la figura del filosofo greco. Anche il testo di Teone di Smirne “Ciò che è utile nella matematica per l’intendimento di Platone” era stato tradotto in Francia nel 1892, mentre Serusier negli stessi anni approfondisce il neoplatonismo di Plotino e della scuola Alessandrina… Ciò che importa non è formulare nuove norme, ma conoscere quelle, universali, che già ci sono. Nasce di qui il continuo appello al mestiere, che risuona quasi in ogni pubblicazione, in ogni pagina, in ogni riga scritte di questi anni, sia come importanza della dimensione artigianale, sia come riscoperta o insegnamento di ricette pratiche, regole grammaticali, segreti di bottega. La constatazione di una decadenza del linguaggio, avanza fra i primi da Renoir nel 1910 si accompagna alla volontà, insieme umile ed orgogliosa, di tanti artisti di tornare a studiare, ma anche di tornare in studio…

Oltre all’idea di leggi eterne della composizione, la concezione “circolare” del tempo comporta, in modo uguale e contrario, la sfiducia verso un inventare che non sia un rinvenire, verso un’innovazione espressiva che sia una trovata eccentrica e non una riconferma, verso una novità stilistica legata come la moda a un aggiornamento effimero. “L’arte è un cerchio dove si ritorna eternamente. Non è tempo di inventare forme nuove” scrive, estremizzando, Bricon, sull’antimoderna “Gazette des Beaux – Arts”. “L’arte al contrario della moda, genera espressioni costanti contro cui il tempo non può nulla” concorda Raynal sulla modernissima “L’Esprit Nouveau”.

Ma noi esseri del XXI secolo ancora carichi di nuove, vecchie paure innanzi ad un mondo sempre più precario non rimane che chiedere: “E di soltanto una parola ed io sarò salvato”! Pertanto la salvezza è nella parola e nel suono e la verità da ricercarsi oltre l’immagine del mondo! Mentre cerchiamo di sentire e vedere ampliamo il nostro linguaggio! Torniamo ad un linguaggio con una principale e tante subordinate! È una forma di agricoltura del parlato affinché l’imperativo sia allontanato… Ricerchiamo anche il linguaggio della speranza e della buona novella…

A.T. del mondo di Eumeswil