2024 Folle, Santo, Mago, VateStranieri in terra straniera. Dal Romanticismo a Nietzsche

Stranieri in terra straniera. Dal Romanticismo a Nietzsche

Con Mario Bosincu


Riflessione di Eumeswil

Uno, due, tre bimbi, dalle gambine corte, il baricentro basso, corrono, compiono giravolte a braccia alzate, si allungano verso il cielo azzurro dall’aria tersa, sorridendo e emettendo qualche suono allegro, tentando di toccare, le sfere roteanti, trasparenti che svolazzano leggere in aria. Salgono in alto le palline farfalline, leggiadre, graziate. Alcuni globi si aggregano ad altri e paiono composti chimici, formule matematiche, diamanti, cristallografie dell’universo. Sono rotondità tralucenti. Contro luce si rivelano impalpabili, effimere tinte come la loro realtà fugace e transitoria!

Un uomo sorridente, anziano le produce attraversouna bacinella poggiata a terra contenente acqua saponata, due bastoni, che tiene in mano legati ad una fune che immerge nel contenitore magico. Alza le braccia, la corda va in alto e l’atmosfera si rallegra. L’aria si riempie di bolle di sapone per la gioia di grandi e piccini.

Stare ad osservare le bolle, vedere il giocoliere di sfere, i bimbi e gli adulti intenerisce il cuore. Si viene a creare un senso di leggerezza dell’anima! Ci si sente sgravati da ogni pesantezza interiore. Pare essere indirettamente partecipi di un prodigio. Noi stessi possiamo volare, andare in sù, allontanare i pensieri gravi e le amarezze e trovarci ammantati di gioia, serenità, luminosità. Si abbatte l’astio e la diffidenza!Si prova una nuova curiosità nei confronti di chi cammina vicino. Oramai nessuno nota più, dà importanza a chi ha accanto in strada, in un locale, in casa.

La maggior parte delle persone è impegnata nei messaggi, a dialogare con chi non è presente! Lo si nota benissimo osservando le auto ferme ai semafori . Molti dei conducenti parlano da soli al telefono. Sembrano, in diversi, avere il viso corrucciato e il tono della voce è alto, lo si avverte a pelle. Pochi apprezzano la visione della realtà nel silenzio. Un modo semplice per ricaricarsi, per riflettere ed essere presenti agli avvenimenti, accorgersi di ciò che succede.

Ci si allontana dal fabbricatore di bolle di sapone, grati per averci deliziato, e si cammina tra la campagna e la città. Si imbocca poi un’anonima stradina, dove non vi sono case particolarmente belle, dove il traffico scorre velocemente. Si adagia lo sguardo su un muro di pietra e si scorgono i non ti scordar di me. Più in alto sul muro pietroso una distesa di margherite bianche e rosa! Lo stupore ci assale! Un giardino, un prato in verticale. La vita vuol vivere pure nei luoghi più duri, pure dove manca il terreno, nelle fessure della dura e solida roccia. Non ti scordar di me, margherite, non solo fiori, ma simboli viventi incastonati sulla pietra! Il mondo vuol parlare! Più lo osserviamo con attenzione e più significati scorgiamo. Il nostro pianeta ha molto da offrire, ci dona tutto gratuitamente ed in abbondanza e ci rimanda sempre a considerare la possibilità di raffinarci, di trasformarci, migliorarci, conoscerci.

Nel corso degli anni possiamo cambiare le forme di attrazione nei confronti della vita e del prossimo. Ci può piacere, ad esempio la natura come paesaggio tipo, forma vivente, può poi trasferirsi l’interesse alla sua energia per poi scorgere tutto ad un tratto la forza creatrice contenuta in ogni cosa e come ogni cosa è tenuta in vita da questa emanazione. È come percepire un manto presente in ogni cosa che si irradia… fino a risplendere ovunque.

Possiamo pertanto alla fine sentirci stranieri nel mondo perché quasi desideriamo, aneliamo, ascendere dal pianeta Terra, la scala per tornare a Casa! Possiamo sentirci anche estranei nel mondo, quando lo vediamo stravolgere e cambiare assai rapidamente, quando non troviamo affinità con chi frequentiamo o con le notizie propinate e le varie mode del momento… Lo stile è riservato a pochi…Possiamo pertanto dedicarci alla lettura di un testo: “STRANIERI IN TERRA STRANIERA. Dal Romanticismo a Nietzsche” di Mario Bosincu, Le Lettere, Firenze 2024. È un testo che abbiamo avuto il piacere di ricevere omaggio dallo stesso autore. Dal retro di copertina così si apprende:

“In una pagina dei Parerga e Paralipomena (1851) Schopenhauer vagheggia «una storia della letteratura tragica» che racconti il «martirio» patito dai «veri illuminatori dell’umanità», incompresi ed emarginati dai loro contemporanei. Una storia della letteratura sub specie alieni, dunque. Il libro che il lettore tiene fra le mani vorrebbe essere il semplice abbozzo di questo progetto colossale e intende far luce su alcune figure esemplari di alterità comparse in ambito filosofico-letterario fra la fine del Settecento e la Seconda Guerra Mondiale. Novalis, Chateaubriand, Coleridge, Byron, Carlyle, Thoreau, Schopenhauer, Nietzsche e Friedrich Georg Jünger: questi alcuni degli outsider analizzati, le cui fisionomie, allucinate e fraterne, mostrano il volto della forma antropologica che, sin dal Romanticismo, si aggira, solitaria e chiaroveggente, per le strade della nostra civiltà «senza volto e meraviglia» (Kerouac): lo straniero antimoderno. Questi vive in esilio in una terra che gli appare estranea ed inquietante. Si sente contemporaneo di spiriti scomparsi, fratello di sodali ormai estinti e di casa in un mondo tramontato. Su di lui spira il soffio gelido di una solitudine così estrema da risultare inconcepibile per gli uomini del suo tempo. È la voce che ricorda una saggezza del passato nell’epoca del suo oblio e della degenerazione dell’umano. Ex alieno salus. «Sono nati postumi. […]. Osservano il loro tempo e vivono dietro gli eventi. Si esercitano a liberarsi dalla loro epoca e a comprenderla soltanto, simili ad un’aquila che si libri al di sopra di essa. Si limitano a cercare la massima indipendenza […]. Vergogna per coloro che ora si offrono in modo invadente come i suoi salvatori alla massa! O alle nazioni! Siamo emigranti». Friedrich Nietzsche”.

Il testo riporta queste massime assai significative:

Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra.
San Paolo (Eb 11,13)

Japhy era considerato un eccentrico dalle parti del campus, […] non essendo le università altro che scuole per strigliare il pelo per la non-identità della classe media che di solito trova la sua perfetta espressione alla periferia del campus nelle schiere di ville da ricchi con prato e TV in ogni soggiorno dove tutti guardano la stessa cosa e pensano la stessa cosa nello stesso momento mentre i Japhy di tutto il mondo vagano per le terre selvagge per sentire la voce che grida nel deserto, per trovare l’estasi delle stelle, per scoprire l’oscuro misterioso segreto dell’origine di una civiltà dissoluta senza volto e meraviglia.
Jack Kerouac I vagabondi del Dharma

Mario Bosincu e poi venuto a Firenze, presso il centro studi Eumeswil, ed è stato realizzato il video dove l’autore stesso parla del Suo libro e analizza alcune parti in maniera ampia e dettagliata.

Vi è stato un punto, nel corso del video particolarmente scintillante, colorato, animato, ma dove non è stato possibile approfondire il tema abbozzato, come sarebbe stato auspicabile, perché già eravamo andati, involontariamente, accidentalmente, fuori dal seminato, dal tema da dover trattare… Se da un lato ci è dispiaciuto aver divagato, dall’altra parte ci è ancor più dispiaciuto non poter approfondire l’argomento perché verteva su Ernst Jünger, l’autore di riferimento del mondo di Eumeswil. L’approccio di studio del nostro ospite è assai diverso dal nostro. Mario Bosincu indossa l’abito di critico, come lui stesso ha specificato più volte, nel corso della ripresa, noi dal canto nostro invece usiamo il metodo oggettivo. Non ci interessa la nostra idea riguardo all’autore, ma è importante per noi sapere se ciò che ci descrive corrisponda al vero, sia reale o frutto di fantasia. Nel corso di trentacinque anni di studio abbiamo appreso che la scrittura del Maestro di Wilflingen è veritiera così come i luoghi, gli accadimenti storici ed i personaggi descritti. Per apprenderlo abbiamo viaggiato in molti dei luoghi contenuti nei libri, abbiamo incontrato le persone presenti. In trentacinque anni abbiamo avuto ospiti studiosi, traduttori, critici, commentatori di Jünger e ciascuno, in base a se stesso, al proprio modo di essere, ha riflettuto ed analizzato l’opera di Jünger.

Tra noi del mondo di Eumeswil siamo soliti dire che ogni volta che lo rileggiamo è come se fosse la prima volta. Tanti significati ci erano sfuggiti, ma anche sfumature e recondite armonie. Abbiamo appreso che la Sua lettura e comprensione varia assai con la nostra crescita interiore e la nostra conoscenza degli argomenti da lui trattati. Ci ha donato, Ernst Jünger, anche la possibilità di entrare in contatto con giovani ed adulti a cui il Maestro è ‘servito’ da riferimento e come modello di vita, da esempio.

Abbiamo negli ultimi anni deliberatamente evitato, il più possibile, di commentare il nostro autore, ma abbiamo riportato direttamente la sua scrittura confidando che la persona più curiosa, stimolata entri direttamente in contatto con la sua pagina, i suoi testi. Ci piace pertanto riportare una nostra analisi e una nostra recensione firmata Lector, di quando ancora esprimevamo le nostre opioni, nel nostro Annale prima serie, Anno 2001 – Numero 1, dove così si scrisse:

“Come un sensibilissimo sismografo di quella che ha definito “l’era dei titani”, Ernst Jünger ha saputo registrare i sussulti e le scosse del nostro tempo, diventando un autore dalla frequentazione imprescindibile per chi voglia comprendere il presente. Nella sua vasta produzione si possono individuare importanti nuclei tematici, la modernità, la tecnica, il nihilismo, il mondialismo, non disgiunti dal dono di una prosa scintillante e cristallina come uno specchio straordinariamente terso e purificato da ogni enfasi soggettivistica.

Eppure nella critica italiana vige la norma di mantenere il silenzio su Jünger, quando non lo si voglia liquidare con il lancio di qualche ingiurioso epiteto, tel tipo “nazista” o “cattivo maestro” e così via. Deiezioni che non sono, a ben vedere, esercizi di critica, bensì metaforiche uova marce che ricadono su chi le ha lanciate, poiché rivelano soltanto le proiezioni e le complesse problematiche psicologiche dei tardi nipotini di Gramsci, tristemente afflitti dalla cronica difficoltà di controllare i propri sfinteri ideologici.

Ma ci sono anche i nipotini di Hitler, naturalmente camuffati da qualcos’altro, magari da politologi o da cattolici praticanti, poiché lo zio Adolf, si sa, gode di una pessima reputazione; secondo i quali Jünger non può che essere una personalità instabile e contraddittoria, per non dire francamente un “traditore” e uno “psicopatico” con pericolose tendenze omicide, avendo partecipato alla congiura culminata nel fallito attentato del 20 luglio 1944 contro il Führer. È bello vedere l’asilo in festa,i nipotini di Hitler che danzano allegramente con quelli di Gramsci, come se ciascuno recasse in dono i venerdì che all’altro mancano; e tutto ciò,grazie ad un cattivo soggetto, Ernst Jünger! Non desta meraviglia che le vecchie zie, inghirlandate di rose, tamponino graziosamente una furtiva lacrima. Per tutti i Molotov, quale Ribbentrop non offrirebbe il suo immacolato fazzoletto di batista?

Infine c’è ancora qualcuno altro, che non è nipote di nessuno, ma può essere definito in proprio come una vecchia zia, malgrado non sia inghirlandato di rose, il quale non avrebbe assolutamente niente da dire; ma siccome non si può non comunicare, si dedica a ricamare astruse e bisbetiche elucubrazioni, che esaminate da vicino con estrema attenzione non significano altro, se non “guarda come sono anticonformista e geniale: io parlo di qualcuno di cui non si deve parlare, e tu, fanciullo mio, non arrivi neppure a capire ciò che dico”.

In tale infelice contesto appare come una notevole eccezione il volume di L. Bonesio e C. Resta, Passaggi al bosco. Ernst Jünger nell’era dei titani, Mimesis, Milano 2000, che presentano il materiale necessario per procedere a una ricostruzione della figura intellettuale di Jünger, e dissipare lo stupore di chi abbia cercato una dignità culturale nella riflessione della maggior parte dell’attuale pubblicistica italiana sullo scrittore tedesco.

Laura Bonesio e Caterina Resta dimostrano che nella prospettiva Jungheriana noi viviamo una tappa di transizione, come accadde al tempo di Eraclito; il filosofo greco si trovava fra due dimensioni, tra il mito e la storia, mentre noi ci troviamo tra la storia e l’apparizione di qualcosa di nuovo, che ci è ancora ignoto. Il nostro stadio transitorio, afferma Jünger, “è caratterizzato da una fase di titanismo, che il mondo moderno esprime a tutti i livelli”.

La lettura del duplice ma organico saggio critico porta alla luce il carattere tragico del nostro tempo e del titanismo che ne compendia l’essenza, poiché la volontà umana da sola non sembra sufficiente a scongiurare la probabile catastrofe planetaria. L’approssimazione al divino, con il riconoscimento della profonda unità spirituale che lo lega alla terra e al cosmo, è tuttavia l’unica soluzione che si offre dalla parte dell’uomo sofferente e inerme, qualora sia in grado di non accordare il consenso interiore alle varie manifestazioni del politico e del sociale. “Il bisogno metafisico”, annota Jünger nel suo diario, “è oggi degno di particolare stima, perché tutta l’educazione tende al suo annientamento. Forse gli si rivelano anche nuovissime, ignote costellazioni, come a chi ha raggiunto la vetta, scalando una parete ritenuta insuperabile”.

Per chi conosce l’opera di Ernst Jünger, in progressione temporale, può riconoscere una crescita personale che si viene a realizzare tramite le “tempeste di acciaio”. Da letterato, filosofo, naturalista e ricercatore spirituale Jünger traccia, nel corso del tempo, una via, per il contemporaneo, di libertà interiore e di riconessione con l’essenza divina che alita nel nostro pianeta e di cui ne è sostanza universale. Ricordiamo soltanto come termine il suo saggio su:”La pace” che passò ciclostilato tra le truppe al fronte sul finire del secondo conflitto mondiale:

“Il singolo è investito di una responsabilità enorme e nessuno può sottrargliela. Il mondo deve comparire dinanzi al foro della sua persona ed egli è giudice delle azioni giuste ed ingiuste.

Oggi, dunque, egli è in grado più che mai di operare per il bene. Il mondo è colmo di violenza, di perseguitati, prigionieri e sofferenti. È facile confortare, lenire, offrire protezione, e bastano pochi mezzi. Anche la persona più semplice ne ha l’opportunità, e il merito cresce in rapporto all’ autorità accordatagli dalla propria posizione. Il vero potere lo si riconosce dalla facoltà di proteggere che conferisce.

Il singolo deve soprattutto comprendere che la pace non può nascere dalla stanchezza e la paura contribuisce alla guerra, e al prolungamento della guerra. Solo in questo modo si spiega lo scoppio della Seconda guerra mondiale dopo un così breve intervallo. Per mantenere la pace non basta non volere la guerra. La vera pace presuppone un coraggio superiore a quello necessario per la guerra; è una manifestazione di travaglio spirituale, di forza spirituale. Verrà conquistata quando saremo capaci di estinguere il rosso fuoco che arde in noi stessi e sapremo affrancarci dall’odio e dalle sue scissioni. Il singolo è simile alla luce, che divampando, costringe le tenebre ad arretrare. Una fievole luce è più grande, più coercitiva di molto buio.

Ciò vale anche per chi è destinato a cadere. Incede verso l’eternità con portamento fiero. La vera lotta che ci troviamo a combattere si rivela sempre più un conflitto tra le forze della distruzione e le forze della vita. In questa lotta i guerrieri di retto sentire stanno fianco a fianco, come gli antichi cavalieri.

Quando ciò avverrà, la pace diverrà duratura.”

Ci piace inoltre ricordare cosa ebbe a scrivere Walter F. Otto in un suo scritto, autore citato dallo stesso Bosincu:

“È tempo di deciderci a dedicare la più seria attenzione alla tradizione e non più, per amor di pregiudizio, a seppellire la metà del venerando contenuto. […] Il divino si è manifestato a ogni popolo, e ha conferito carattere non soltanto ai culti ma, al contempo, allo stesso agire di quei popoli, e ha dato la sua impronta al loro carattere di popolo. […]

Se dunque i culti non sono pratiche utilitaristiche ma potenti creazioni prodotte dall’ afflato della divinità che si rivela, e i miti non sono fantasticherie ma testimonianze di quello stesso incontro con il sublime; se dunque è possibile prendere atto di fenomeni originari e rendere giustizia a grandi realtà, allora lo studio della psicologia e della logica, da cui si è finora attesa ogni risposta, non è più utile. Soltanto l’essere stesso del mondo può ammaestrarci, e anziché prendere quale punto di riferimento, come si è fatto finora, i tipi umani dalla mentalità più limitata e meschina, dobbiamo eleggere a nostre guide gli spiriti migliori, quelli che hanno guardato il mondo più in profondità e che sono stati afferrati con più forza dall’entità essenziale.

È tempo di ricordare di nuovo le parole di Schelling:”Qui dunque non è questione, quale opinione debba assumersi del fenomeno, affinché esso, reso conforme ad una qualsivoglia filosofia, possa essere agevolmente spiegato, ma viceversa, quale filosofia si richieda, affinché, cresciuta con l’oggetto, ne sia all’altezza.”

Mario Bosincu: è ricercatore in Letteratura tedesca presso l’Università di Sassari. Formatosi in Italia e Germania, si è dedicato allo studio delle opere di Ersnt Jünger a partire dalla prospettiva junghiana. Per i tipi de Le Lettere ha curato e tradotto i volumi Autunno in Sardegna e La grande madre. Meditazioni mediterranee di Ernst Jünger e Apollo, Pan, Dioniso di Friedrich Georg Jünger.

A.T del mondo di Eumeswil